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TARI, come individuare correttamente le superfici imponibili?

Come funziona in termini generali la TARI? Quali sono le superfici aziendali che sono considerate imponibili e quindi possono essere tassate? Quali sono le superfici escluse? Infine, come si possono ottenere riduzioni (o esenzioni) mantenendo in parte (o rinunciando) al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani? 

A queste domande ha risposto Paolo Pipere con la consueta capacità d’analisi e di approfondimento. Noto esperto di rifiuti, docente di diritto dell’Ambiente e Segretario Nazionale Associazione Italiana Esperti Ambientali, Pipere ha trattato da par suo un argomento aggirato con cura da società di consulenza ed esperti ambientali  in quanto “prettamente fiscale”(?).

Mai come in questo caso emerge con chiarezza la necessità di competenze reali ed interdisciplinari  in chi si occupa di legislazione ambientale e rifiuti.

Di seguito alcuni spunti selezionati da oltre 2 ore e mezza di lezione e quaranta minuti di domande serrate.

TARI,  il lento percorso da tassa a tariffa puntuale

La TARI è articolata in due componenti: fissa e variabile. La componente  fissa serve a finanziare gli investimenti, la pulizia delle strade, la raccolta dei rifiuti nei contenitori stradali.

La parte variabile  dovrebbe essere collegata alla produzione di rifiuti della singola utenza non domestica e della singola famiglia. 

Da moltissimi anni, dal 1997 per la precisione,  si sta cercando di passare da una tassa – non  direttamente collegata al servizio reso- a una tariffa che invece si paga in funzione della quantità e del livello di separazione dei rifiuti  urbani conferiti al servizio pubblico. 

Dal 2021 c’è una novità ulteriore: non c’è più quel passaggio complicato per cui lo Stato individuava quali tipologie di rifiuti prodotti dalle imprese erano considerati simili a quelli delle famiglie ed ogni Comune decideva quali rifiuti prendere in carico dalle imprese nel proprio territorio.

Da quattro anni alcuni rifiuti sono urbani ab origine. Così si dovrebbe evitare che chi ha due unità locali in due Comuni,  si trovi a dover mettere in atto comportamenti differenti  per il medesimo rifiuto.

Superfici imponibili, riduzioni ed esenzioni

La TARI è  una tassa e quindi bisogna capire quali sono i motivi per cui la si paga e non pagare di più di quello che è richiesto per legge. 

Il più significativo risparmio deriva dalla  corretta  individuazione delle superfici che possono essere tassate.  

In secondo luogo vi è la  riduzione  della parte variabile in proporzione alla quantità di rifiuti urbani che le aziende decidono di avviare al recupero fuori dal servizio pubblico.  Qui spesso c’è un limite massimo di riduzione che va contro le indicazioni della giurisprudenza. 

Dalla direttiva UE ai Regolamenti comunali

Nel 2018 la direttiva quadro sui rifiuti, cioè la norma dalla quale dipendono le norme nazionali, è stata modificata per introdurre la nozione di rifiuto urbano

Prima non c’era questa nozione e ovviamente c’erano delle difficoltà di comparazione tra la gestione dei rifiuti (urbani) di vari Paesi. 

A noi interessa che con la modifica apportata dalla direttiva 2018/851 viene chiaramente definito che i rifiuti urbani non possono includere rifiuti della produzione. 

Quindi come minimo dobbiamo considerare che le lavorazioni industriali e le lavorazioni artigianali finalizzate alla produzione di beni, generano rifiuti che non possono essere considerati rifiuti urbani perché lo vieta la direttiva e di conseguenza dovrebbe vietarlo anche la norma nazionale. 

La norma nazionale consente alle utenze non domestiche di scegliere liberamente se conferire in tutto o in parte i propri rifiuti urbani destinati al recupero a operatori privati diversi dal gestore del servizio pubblico di raccolta oppure al gestore del servizio.

Nel caso delle imprese artigiane sono classificati come urbani i rifiuti prodotti negli uffici e nelle parti comuni dell’insediamento produttivo ma non quelli generati nelle aree nelle quali si svolge la lavorazione e neppure nei magazzini di merci, semilavorati e prodotti finiti. I rifiuti prodotti nei locali nei quali si svolge la lavorazione e nei magazzini funzionalmente connessi sono, infatti, definiti “rifiuti speciali” e le aree che li producono non sono superfici per le quali si deve pagare la tassa rifiuti.

pdf

Info:

Dottor Pietro Della Ferrera (pietro.dellaferrera@artigiani.sondrio.it – 347.3698217)

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