Acconciatori ed estetisti. La riapertura al 3 giugno.
Senza interventi mirati aumenta il rischio di chiusura. Rischio di abusivismo in aumento.
Per i saloni di acconciatura e di estetica la fase di riapertura si allontana e bisognerà attendere il 3 giugno. Le dichiarazioni del Premier ieri sera in diretta infatti hanno pure suscitato non poca ilarità dal momento che l’apertura non potrà essere il 1° giugno (lunedì) e nemmeno il 2 giugno (festivo).
Gli operatori di questo settore sono stati i primi a comprendere, fin dagli inizi di marzo, la crucialità del loro lavoro e con responsabilità hanno ottemperato agli inviti delle autorità chiudendo i saloni spesso anche prima dell’introduzione dell’obbligo.
Non stiamo parlando di un settore di nicchia o residuale o in via di estinzione. Il settore del benessere (acconciatori, barbieri, estetisti) ha un peso rilevante; in provincia di Sondrio e nel solo settore artigiano, sono almeno 450 le imprese interessate con circa 1300 addetti.
Oggi il calendario della cosiddetta fase 2 impone a tutti loro un altro mese di chiusura forzata portando così a ben 3 mesi di blocco totale.
Nei giorni scorsi a livello nazionale Confartigianato Benessere aveva avanzato al Governo una proposta seria, responsabile e completa con un “Decalogo di tutte le misure sanitarie e di sicurezza”. Una proposta disattesa.
Per questo già questa mattina Confartigianato ha dichiarato “Incomprensibile e inaccettabile la decisione del Governo di rinviare a dopo il 1° giugno la riapertura. Con senso di responsabilità – prosegue la nota diffusa da Confartigianato – abbiamo elaborato e presentato proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di protezione individuale, pulizia e sanificazione. Proposte che penalizzano fortemente le nostre possibilità di ricavo, ma siamo consapevoli della loro necessità.
Non abbiamo ricevuto alcuna risposta. E ora non accettiamo che le attenzioni del Governo siano rivolte ad altri settori e si limitino ad una incomprensibile dilazione per le nostre attività. Del resto, dopo il 1° giugno cosa potremo fare di più rispetto ad oggi in termini di sicurezza? Si può far stare fermi, con costi continui e ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile, maggio?”
Ma il quadro – se possibile – è ancora più grave. Il nodo cruciale infatti è che con le nuove regole (costi della sicurezza e distanziamento) i saloni non sono in grado di avere l’equilibrio economico e finanziario.
Oggi appare più che mai indifferibile un sostegno diretto e forte alle imprese di questo settore da parte del Governo centrale e di quello Regionale. Il sostegno deve essere vigoroso con contributi a fondo perso oppure con interventi di natura fiscale netti e decisi.
Non solo ma è venuto il momento anche per mettere mano alla disciplina del “lavoro a domicilio” per le imprese regolari, non è possibile che di fatto ciò sia “consentito” solo a chi opera in maniera abusiva.
“Non è possibile pensare che i saloni possano farcela con due minimi crediti d’imposta (affitti e spese sanitarie) e con la miseria di due o tre indennità per i titolari – afferma il Presidente provinciale della Categoria, Johnny Oregioni – Qui c’è in gioco la sopravvivenza delle imprese; di questo passo molti operatori saranno costretti a chiudere definitivamente o a rifugiarsi nel pericoloso vicolo del lavoro in nero.
Non dimentichiamo inoltre che in queste settimane di lockdown gli operatori in regola hanno fatto i conti anche con un dilagare del fenomeno dell’abusivismo creando ancora una volta le condizioni per una concorrenza sleale a danno della salute degli utenti.”
Senza interventi mirati e diretti la pandemia rischia di passare alla storia come il De Profundis di un settore celebrato dalla letteratura e che oggi si sente trattato ingiustamente come la “Cenerentola” dell’economia.