Per le attività di ristorazione, acconciatori ed estetisti è necessario consentire l’accesso alla clientela solo su appuntamento e va conservato l’elenco delle prenotazioni (completo di recapiti telefonici) per un periodo di tempo di almeno 14 giorni secondo le linee guida per la ripresa dell’attività produttiva contenute nell’Ordinanza Regionale n. 547 del 17 maggio 2020.
La mancata conservazione è punita con la sanzione amministrativa da euro 400,00 ad euro 3.000,00 nonché alla chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni.
L’adempimento comporta il trattamento dei dati personali dei clienti, con il conseguente onere in capo all’azienda della relativa informativa prevista dal Decreto Privacy attraverso la sua esposizione nei locali aziendali con aggiornamento del registro dell’attività dei trattamenti.
Senza interventi mirati aumenta il rischio di chiusura. Rischio di abusivismo in aumento.
Per i saloni di acconciatura e di
estetica la fase di riapertura si allontana e bisognerà attendere il 3 giugno.
Le dichiarazioni del Premier ieri sera in diretta infatti hanno pure suscitato
non poca ilarità dal momento che l’apertura non potrà essere il 1° giugno
(lunedì) e nemmeno il 2 giugno (festivo).
Gli operatori di questo settore sono
stati i primi a comprendere, fin dagli inizi di marzo, la crucialità del loro
lavoro e con responsabilità hanno ottemperato agli inviti delle autorità
chiudendo i saloni spesso anche prima dell’introduzione dell’obbligo.
Non stiamo parlando di un settore di
nicchia o residuale o in via di estinzione. Il settore del benessere
(acconciatori, barbieri, estetisti) ha un peso rilevante; in provincia di
Sondrio e nel solo settore artigiano, sono almeno 450 le imprese interessate
con circa 1300 addetti.
Oggi il calendario della cosiddetta
fase 2 impone a tutti loro un altro mese di chiusura forzata portando così a
ben 3 mesi di blocco totale.
Nei giorni scorsi a livello
nazionale Confartigianato Benessere aveva avanzato al Governo una proposta
seria, responsabile e completa con un “Decalogo di tutte le misure sanitarie e
di sicurezza”. Una proposta disattesa.
Per questo già questa mattina
Confartigianato ha dichiarato “Incomprensibile e
inaccettabile la decisione del Governo di rinviare
a dopo il 1° giugno la riapertura. Con senso di responsabilità –
prosegue la nota diffusa da Confartigianato
– abbiamo elaborato e presentato proposte dettagliate su come tornare a
svolgere queste attività osservando scrupolosamente le
indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di
protezione individuale, pulizia e sanificazione. Proposte che penalizzano
fortemente le nostre possibilità di ricavo, ma siamo consapevoli della loro
necessità.
Non abbiamo ricevuto alcuna
risposta. E ora non accettiamo che le attenzioni del Governo siano rivolte ad
altri settori e si limitino ad una incomprensibile dilazione per le nostre
attività. Del resto, dopo il 1° giugno cosa potremo fare di più rispetto ad
oggi in termini di sicurezza? Si può far stare fermi, con costi continui e
ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile, maggio?”
Ma il quadro – se possibile – è
ancora più grave. Il nodo cruciale infatti è che con le nuove regole (costi
della sicurezza e distanziamento) i saloni non sono in grado di avere
l’equilibrio economico e finanziario.
Oggi appare più che mai
indifferibile un sostegno diretto e forte alle imprese di questo settore da
parte del Governo centrale e di quello Regionale. Il sostegno deve essere
vigoroso con contributi a fondo perso oppure con interventi di natura fiscale
netti e decisi.
Non solo ma è venuto il momento
anche per mettere mano alla disciplina del “lavoro a domicilio” per le imprese
regolari, non è possibile che di fatto ciò sia “consentito” solo a chi opera in
maniera abusiva.
“Non è possibile pensare che i saloni possano farcela con due minimi
crediti d’imposta (affitti e spese sanitarie) e con la miseria di due o tre
indennità per i titolari – afferma il Presidente
provinciale della Categoria, Johnny Oregioni – Qui c’è in gioco la
sopravvivenza delle imprese; di questo passo molti operatori saranno costretti
a chiudere definitivamente o a rifugiarsi nel
pericoloso vicolo del lavoro in nero.
Non dimentichiamo inoltre che in
queste settimane di lockdown gli operatori in regola hanno fatto i conti anche
con un dilagare del fenomeno dell’abusivismo creando ancora una volta le
condizioni per una concorrenza sleale a danno della salute degli utenti.”
Senza interventi mirati e diretti la
pandemia rischia di passare alla storia come il De Profundis di un settore
celebrato dalla letteratura e che oggi si sente trattato ingiustamente come la
“Cenerentola” dell’economia.